23 maggio – 9 presidi informativi per capire cos’è Pedemontana

Associazione Colli Briantei aderisce alla rete delle associazioni che contrastano il progetto di prolungamento di autostrada Pedemontana. La prossima domenica 23 maggio ci troverete tutto il giorno ad Arcore, in piazza Durini, per informare sullo stato di avanzamento del progetto, i suoi impatti sul territorio e raccogliere firme a sostegno di una petizione al Parlamento Europeo che chieda di rivalutare la realizzazione dell’opera.

Di seguito il comunicato stampa congiunto della rete. Passate a trovarci, anche solo per un confronto.

Ricordiamo, infine, che è possibile firmare online anche una petizione su change.org.


Rieccoci con Pedemontana, un’autostrada che si aggiunge a strade già presenti e che poi porterà a chiedere altre strade.

In Brianza c’è molta ricchezza, ma un basso livello di qualità della vita, a causa dell’eccessiva urbanizzazione, del traffico caotico e della mortifera qualità dell’aria.

E’ un modello di sviluppo da cambiare perché la Brianza non può e non deve essere un deserto di asfalto e cemento.

Sul tracciato dell’autostrada da completare, le criticità si sommano e le soluzioni non sono all’altezza.

Si pensa di affrontare il problema della Diossina TCDD, prodotta dal disastro dell’ICMESA e presente sulla tratta B2 (da Meda a Bovisio Masciago) con un Progetto Operativo di Bonifica “al risparmio”, insufficiente e comunque rischioso a causa della movimentazione di terreno contaminato.

Occupazione e devastazione di aree libere verdi e boscate di pregio interesseranno la tratta C (da Cesano Maderno a Vimercate) che nella prima parte attraversa pure un territorio particolarmente antropizzato. Lo stesso avverrà per la D (da Vimercate a Dalmine).

Non va dimenticato, per le tratte A e B1 già in esercizio, il bilancio economico insostenibile, con percorrenze ben lontane da quelle inizialmente previste e un resoconto ambientale disastroso con lo
sventramento del Bosco della Moronera a Lomazzo, il dimezzamento di quello della Battù a Lazzate e coi terreni agricoli distrutti. A questo va aggiunto il mancato completamento di tutte le compensazioni ambientali previste, alcune delle quali sono state ridotte o snaturate rispetto al progetto originale.

Dinanzi a tale rovinoso scenario, serve fermarsi, serve rinunciare al completamento dell’infrastruttura.

L’idea di Pedemontana è vecchia di 40 anni ed è da sempre sostenuta dagli interessi economici forti, rappresentati non solo dalle imprese legate alle costruzioni, ma anche da quelle che traggono profitto dalla costante urbanizzazione conseguente ad ogni nuova strada.

Pedemontana è ferma da tempo per mancanza di finanziamenti dagli investitori privati.

Regione Lombardia continua però a volerne ostinatamente il completamento, cercando, di attirare capitale privato con ambigue operazioni di supporto a mezzo di risorse pubbliche e sperando di attingere alla montagna di soldi in gioco anche per le infrastrutture.

In Brianza queste risorse economiche sarebbero molto più utili per realizzare infrastrutture non stradali, quali tramvie e metropolitane, per rafforzare la rete ferroviaria e la ciclabilità e per la scuola, per il welfare, per il sistema sanitario territoriale e la prevenzione.

Il dopo Covid sarà – ce lo auguriamo e operiamo per questo fine – un mondo diverso da quello di prima, anche in termini di mobilità e viabilità, si progetta il futuro guardando avanti e non indietro.

Pedemontana devasterebbe ulteriormente il territorio e aggiungerebbe problemi a problemi per l’ulteriore antropizzazione che essa induce.

Non rappresenta la soluzione più adeguata ai bisogni di mobilità della Brianza, diversi secondo le aree.

Servono interventi differenti da quelli offerti da un’autostrada a pagamento, meno frequentata di quanto previsto anni fa e che congestionerà ulteriormente il traffico locale invece di alleggerirlo.

Chi si ostina a volere il completamento di questa impattante autostrada che ha un bilancio economico e ambientale disastroso, ci inganna perpetuando un modello di sviluppo sconsiderato e insostenibile e certo non vuole una vera transizione ecologica.


Associazioni e gruppi ambientalisti per una mobilità sostenibile invitano i cittadini ai presidi di DOMENICA 23 MAGGIO 2021 DALLE ORE 9.00/10.00 lungo il progettato tracciato autostradale:

  • SEVESO all’area verde prossima al Bosco delle Querce di via della Roggia, via dei Vignee, via Senofonte
  • BOVISIO MASCIAGO in via Cantù angolo corso Milano
  • DESIO presso parcheggio di via Michelini, in zona futuro svincolo di Pedemontana
  • BIASSONO 1 al sentiero delle Valli, svincolo tra futura autostrada e nuova SP6
  • BIASSONO 2 via Parco angolo via Madonna delle Nevi ad ovest del Lambro e della ferrovia MI/LC
  • ARCORE in Piazza Durini
  • VELASCA fraz. di Vimercate in Piazza Giordano Bruno
  • CARNATE in Via Gargantini sul sentiero di Passirano – Carnate
  • VIMERCATE/SULBIATE in Via Cascina Ca – ingresso da via San Nazzaro di Vimercate

Ai presidi, gestiti dai gruppi locali, verranno illustrate le pesanti criticità indotte dall’autostrada.

Promuovono:

Ass. Colli Briantei, Alternativa Verde Desio, Casa della Sinistra Seregno, Comitato Parco Groane Brughiera, Coordinamento No Pedemontana, Comitato Ambiente Bovisio Masciago, Legambiente Biassono, Legambiente circolo Gaia Usmate e Velate, Legambiente circolo Laura Conti di Seveso, Legambiente Seregno, Legambiente Desio, Lista per Biassono, Lista Altra Bovisio, Lista Passione Civica Cesano M., Sinistra e Ambiente Meda, Impulsi Sostenibilità e Solidarietà Meda, Gruppo Valle Nava Casatenovo, ImmaginArcore, Meltingpot Arcore, Monza per un Buon Clima, Friday For Future di Monza e Vimercate, Seveso Futura, Sinistra per Desio, Un Parco per Bernareggio

Il motocross sta diventando un problema

Di questi tempi, forse perché costretti a casa dalle limitazioni, in molti hanno riscoperto e stanno riscoprendo il piacere e il valore di una passeggiata in aperta campagna e per boschi. Indubbiamente in questo lungo anno pandemico avere a disposizione una piccola oasi verde ha fatto la differenza, ha permesso di respirare e alleviare un po’ le tensioni di mesi difficili. Lavoriamo da anni alla cura e manutenzione dei sentieri e dei boschi e mai come oggi li vediamo percorsi da un gran numero di persone: chi per rilassarsi, chi per fare attività fisica, chi per scattare qualche fotografia, chi per fare un pic-nic in famiglia: i frequentatori sono molti più di un anno fa.

Accanto a questo, che è sicuramente uno dei pochi lasciti positivi di questa pandemia, rileviamo però un problema sempre più frequente: le persone che si dedicano a queste piacevoli attività devono convivere con la presenza di mezzi motorizzati che rovinano i sentieri, recano danno alla fauna dei nostri boschi, distruggono la quiete di tutti gli altri.

Ci sono diversi casi limite: motociclisti con atteggiamenti arroganti nei confronti degli altri frequentatori – a piedi, in bici, a cavallo – o che si aggirano illegalmente senza targa, come nelle foto qui sopra, scattate questa settimana (il giorno che per disgrazia dovesse capitare un incidente, lo archivieremo come “provocato da ignoti”?). Va da sé che queste situazioni sono intollerabili, ma anche fatte salve targhe e buona educazione il problema resta.

Siamo in Brianza, terra ad alta densità abitativa, gli spazi verdi a disposizione sono molto frequentati, sempre in prossimità di abitazioni, e devono poter essere fruiti in sicurezza da tutti. Purtroppo la libertà non è assoluta, ma sempre relativa e sottoposta a vincoli, limiti frutto del contemperamento dei diversi interessi in gioco. Le attività di motocross/enduro non sono compatibili con la tutela della natura né con i legittimi interessi di chi frequenta campi e boschi senza arrecare fastidio o danno agli altri.

Chiediamo alle Amministrazioni comunali e agli altri enti deputati che vigilino – per esempio coinvolgendo le Guardie Ecologiche Volontarie dei Parchi a noi limitrofi – e con apposite ordinanze o regolamenti definiscano in modo chiaro e pubblico le modalità di fruizione dei sentieri.

Associazione Colli Briantei

Circolo “Gaia” Legambiente – Usmate Velate

Gruppo Micologico Naturalistico – Usmate Velate

Associazione Sentieri e Cascine – Casatenovo

Gruppo Valle Nava – Casatenovo

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In arrivo il Calendario 2021 dei Colli Briantei!

Cari amici dei Colli Briantei,

per tante vicissitudini legate a questo difficoltoso 2020, i fondi istituzionali che normalmente sostengono stampa e distribuzione del calendario del Parco dei Colli Briantei quest’anno mancano.

Le tante richieste per il calendario 2021 che ci sono giunte, le manifestazioni di affetto per quella che ormai è una presenza fissa in molte case del nostro territorio, ci ha fatto riflettere. Così, abbiamo deciso – grazie alla collaborazione e generosità dei fotografi Danilo Porta, Luca e Alberto Fantoni, che da anni donano al parco le loro immagini – di preparare comunque un calendario, in poche copie, ritirabili su prenotazione.

La copertina dell’anno scorso

Gli interessati possono contattarci per informazioni e prenotazioni ai seguenti numeri:

  • Arcore: 3289672724 (Giuliano)
  • Camparada: 3398725295 (Lucia)
  • Casatenovo: 3339612869 (Renato)
  • Usmate Velate: 3334014895 (Giuseppe)

entro domenica 20 dicembre 2020, vi ricontatteremo per ulteriori informazioni.


La Madonna del Dosso di Velate, miracoli o eresia

a cura di Paolo Cazzaniga

Il 16 luglio la Chiesa celebra la ricorrenza di “Nostra Signora del Monte Carmelo”, più semplicemente la Madonna del Carmelo, a cui ricordiamo è dedicato l’edificio religioso, a forma circolare, noto come “Oratorio del Dosso di Velate”. Edificato negli anni Venti dell’Ottocento dal nobile Francesco Croce, con il concorso dei contadini del luogo, grazie alle offerte raccolte per onorare una miracolosa Madonna, la cui immagine ornava l’unica parete superstite del diroccato antico Oratorio dedicato a San Giacomo. La nuova costruzione volle appunto inglobare al suo interno la Vergine che faceva miracoli. Una Madonna che aveva iniziato i suoi prodigi anni avanti. Il primo evento risaliva al 1686. La fama si era accresciuta nel corso di un secolo e mezzo, fino a quando, il citato Francesco Croce, proprietario del Masciocco della Valmora, così come del terreno su cui, nel 1822 si era edificato l’oratorio, chiede nel 1837 il permesso alla Curia per celebrare la messa, nel nuovo edificio.

L’Oratorio in una ripresa aerea (Elaborata da un video di Dante Colombo)
Dalla rilevazione del Catasto Teresiano, 1721 la presenza dell’Oratorio dedicato a San Giacomo

La Lombardia in quel tempo dipende in tutto e per tutto dall’Austria, l’arcivescovo di Milano non può essere che un austriaco, Gaetano Gaisruck, uomo di fede e di ordine, prima di esprimere un parere, si rivolge al sub-economo dei beni vacanti della Chiesa, per il distretto di Vimercate, ricopre la carica tutta teutonica, don Ambrogio Ponzoni, che vuole il caso, essere anche parroco di Usmate. La relazione di don Ponzoni avrà fatto saltare sulla sedia il Gaisruck. Qui la situazione, oltre ad escludere qualsiasi autorizzazione per la messa, richiede provvedimenti risolutori.

L’arcivescovo di Milano Gaetano Gaisruck e a fianco la relazione inviata da don Ambrogio Ponzoni nel 1838

La prima testa a saltare è quella del Parroco di Velate don Ambrogio Cassina. Dobbiamo dire del povero parroco, che tra l’altro, quando nella stagione estiva, per scongiurare la minaccia di quei temporali che avrebbero distrutto il raccolto dei già miserabili contadini, non mancava di radunarli e in processione salire al Dosso per invocare la Madonna. Dicevamo di don Ambrogio, parroco per vent’anni, una lunga e provata missione non bastò a salvarlo. Sparì dalla scena e dalla storia. Una recente ricerca, all’Archivio Diocesano di Milano, ha confermato l’oblio. Nel consultare il resoconto annuale prodotto da sempre dalla diocesi ambrosiana, indica per l’anno 1838, don Cassina come parroco di Velate. Nell’anno successivo per Velate è indicato il nuovo parroco, don Cassina non figura ne nell’elenco dei defunti dell’anno prima e nemmeno in quello dei trasferiti in altro luogo o a altro incarico.

Le tavolette ex voto, presenti un tempo all’interno dell’Oratorio, a documento dei miracoli del 1842 e 1853

Ritorniamo alla Madonna miracolosa e alla relazione del Ponzoni, che oltre ad esprimere un evidente scetticismo, sull’autenticità dei miracoli, sottolinea una serie di palesi irregolarità, che dirigono l’arcivescovo a negare il nullaosta per la messa e ad invitare le autorità civili a vigilare e impedire ai fedeli e non, di frequentare il Dosso. Chiede di porre particolare attenzione verso quegli sfaccendati, riferendosi alla “corte dei miracoli” che si è venuta a formare attorno all’oratorio, frequentato di giorno e di notte, da questi individui. Don Ponzoni rimarca ancora come l’oratorio sia stato edificato senza permessi e gestito in autonomia da un tesoriere factotum, nominato non si sa da chi, che si fa garante delle cospicue offerte, consenziente occulto Francesco Croce. Per alzare la posta aggiunge di una giovane che a qualsiasi ora si porta dalla cascina in cui abita, all’oratorio per introdurre i nuovi fedeli e farne partecipi dei prodigi avvenuti.

L’oratorio del Dosso di Velate oggi

Comunque autorità religiose e civili, volenti o nolenti, la Madonna persevera nell’elargire miracoli. Nel 1842 salva un uomo investito da un cavallo imbizzarrito, nel 1853, miracolato un giovane che precipita in acqua mentre sta salendo su un traghetto. Cronaca degli eventi, tramandata da due ex voto sfuggiti alla spoliazione subita dall’oratorio quando “finalmente” come verga il parroco di Velate don Carlo Fantoni nel dicembre del 1957, passa alla parrocchia. Ritorniamo a metà Ottocento per ricordare come tra i due miracoli, nel 1846 Francesco Croce muore e lascia i suoi beni alle figlie Carolina e Giuseppina a cui affida i due oratori che erano stati di sua proprietà, a Carolina il Dosso a Giuseppina quello del Masciocco dedicato alla Madonna del Carmelo. Nonostante la vena miracolosa non si prosciughi, le due sorelle sono corrucciate, dalla semi-clandestinità in cui versa il loro oratorio. Ecco che mettono in atto un piano, o perlomeno i fatti che andiamo a raccontare così ci fanno ipotizzare.

Il cartello segnaletico con diverse imprecisioni

Nel 1854 chiedono ed ottengono dalla Curia che la dedicazione dell’Oratorio del Masciocco passi dalla Madonna del Carmelo a Sant’Eurosia. Ricordiamo come questa santa, in genere oggi poco conosciuta, era invocata per proteggere i raccolti, specialmente nei mesi estivi, dai temporali e dalle tempeste. Considerato il luogo, campagna e poi ancora campagna e i contadini, la cui vita dipendeva dall’andamento dei raccolti, l’invocazione a Sant’Eurosia era più che pertinente. Ritorniamo al piano delle sorelle: due anni dopo, nel 1856 si presenta al Dosso l’arcivescovo Romilli, per una Visita Pastorale e, purtroppo per le sorelle, conferma il divieto di celebrare e solleva addirittura dubbi sul culto che veniva praticato nella chiesetta.

Le due Madonne a confronto. La Beata Vergine, come appare sugli ex voto, a destra la Madonna del Carmelo, da notare le gambe piegate in posizione alquanto innaturale a testimoniare le probabili modifiche intervenute sul dipinto.

Qui forse il colpo di genio: “Cambiamo faccia alla Madonna”, detto fatto, la dedicazione della Madonna del Carmelo è disponibile, perché non passarla al Dosso? Chiamano un pittore di fiducia a cui affidano l’incarico di un restyling alla Beata Vergine, la cui immagine, come aveva confermato il Romilli, era dietro l’altare. Il risultato è quello che oggi troneggia all’interno dell’Oratorio. La Madonna non è più quella raffigurata sui due ex voto che abbiamo visto in precedenza, ora è accompagnata dal Bambino Gesù, che regge lo scapolare, simbolo della Madonna del Carmelo e circondata da santi. Il progetto delle sorelle Croce, nel commissionare le modifiche aveva voluto essere rispettoso della storicità del luogo e degli affetti famigliari.

L’interno come si presenta oggi (Elaborata da un video di Dante Colombo)
La figura di San Giacomo con la conchiglia del pellegrino, posta sul cappello

Il cartello segnaletico, posto all’esterno dell’Oratorio, non fa giustizia alla lungimiranza delle sorelle e forse meriterebbe di essere aggiornato, lanciamo un appello. Vediamo un po’: primo non è la Madonna, ma il Bambino ad offrire lo scapolare, e qui possiamo anche sorvolare. San Pietro è inconfondibile per le chiavi del paradiso che regge. Il santo sulla destra, non è tuttavia San Rocco, ma quel San Giacomo, titolare dell’antico Oratorio, lo riconosciamo per la conchiglia del pellegrino che porta sul cappello. Per il sacerdote inginocchiato, indicato come San Carlo, dobbiamo dire che assomiglia poco a quanto ci restituisce l’iconografia classica dell’alto prelato, ricordiamo fra le particolarità il naso prominente, che qui manca. Pensiamo che la figura proposta possa essere stato un omaggio delle sorelle ad uno zio, fratello del padre Francesco, che era appunto un sacerdote. Giusto per finire di fare le pulci al cartello aggiungiamo che l’Oratorio fu donato alla parrocchia nel 1957 mentre il 1963 indicato dalla scritta è l’anno in cui la donatrice, Giuseppina Borghi Belgir, muore. Abbiamo ancora tempo per confermare come la potenza divina non abbia confini.

Il confronto: a destra, il prelato raffigurato ai piedi del dipinto, a sinistra una rappresentazione di San Carlo, da un quadro esposto nel vicino Oratorio del Masciocco

La rinnovata Madonna, continuò con i suoi miracoli. Quando la proprietà del Dosso, passa alla famiglia Borghi, viene raccontato di un nuovo evento miracoloso. Purtroppo la reticenza delle autorità religiose, che ha sempre accompagnato le vicende del Dosso, non ci ha tramandato il racconto dell’evento. Il prodigio comunque rilancia la fama del luogo e con le nuove offerte Giuseppe Borghi edifica il campanile e la sacrestia, siamo nel 1882. Le persone anziane ci dicono, fin dove può andare la loro memoria, che erano soprattutto le donne che volevano avere figli a rivolgersi alla Madonna del Dosso, e molto spesso venivano esaudite. Così per grazia ricevuta si lasciava un segno, una tavoletta che raccontava del miracolo, come abbiamo visto, o più semplicemente un cuore, spesso d’argento che scioglieva il voto. Quando poi nel 1957 l’Oratorio passa alla Parrocchia, in un attimo tutti gli ex voto, vengono rimossi e solo un paio di cuori e i due quadretti, giungono sino ai nostri giorni.

Il campanile e la sacrestia edificati nel 1882 da Giuseppe Borghi, proprietario in quell’epoca dell’Oratorio
Una immagine d’epoca dell’interno dell’Oratorio negli anni ’50 del Novecento, prima che fosse spogliato dei numerosi ex voto, che ornavano l’altare. (immagine messa a disposizione da Giuseppe Mapelli)

Concludiamo con l’amara constatazione che l’Oratorio del Dosso e l’immagine miracolosa della Madonna, abbiano dovuto fare i conti, nonostante la fede popolare non avesse mai nel tempo avuto dubbi sulla genuinità dei miracoli, con gli apparati ecclesiali, Parrocchia in primis, esclusi dal controllo del culto e soprattutto dalla raccolta della “pecunia”, in certi periodi molto cospicua, ma sempre pronti a marchiare le pratiche come eretiche, per delegittimare quanto al Dosso avveniva. Ricordiamo quale altra sorte toccò alla Madonna del Bosco, (un primo miracolo nel 1617) nella non lontana Imbersago e ancora esemplare la Madonna del Lazzaretto di Ornago, che aveva fatto sgorgare un’acqua miracolosa, siamo nel 1714. Solo dopo ripetuti e controversi processi ecclesiastici e grazie all’intervento di personalità eminenti del luogo, ottenne la sua “patente miracolosa”, una patente a cui l’Oratorio del Dosso, per i motivi di cui abbiamo detto, non si è mai potuta fregiare.

Una roggia per quattro parchi: la Roggia Scotti

Alla fine del Seicento, il conte Giovanni Battista Scotti, nel dare inizio alla realizzazione, della sua “villa di delizia”, a Oreno, immortalata nei disegni di Marc’Antonio dal Re, e pubblicati negli anni Venti del Settecento sul volume:“Ville di delizia o siano palagi camparecci nello Stato di Milano” si trovò nella necessità di dotarsi dell’acqua necessaria per rendere oltremodo spettacolare il parco e i giardini della villa.

Nel 1692, il conte acquista i “diritti d’acqua” di: “ragione del signor Giovanni Parravicino (che aveva il suo palazzo a Rimoldo) … dopo l’uso del suo molino appellato d’Imparì… per fare un cavo… et condurla (l’acqua)... per adacquare detti beni d’Oreno”. Realizza dunque un corso d’acqua artificiale lungo ben 13 chilometri. Oggi a distanza di 330 anni, la curiosità di scoprire cosa rimane di questa importante opera idraulica. Sarà uno scavallare fra i differenti parchi o ex parchi che interessano il nostro territorio. Dai Colli Briantei, al quello del Curone, per passare nel Parco Molgora e quindi dopo essere rientrati nei Colli Briantei, approdare a quello della Cavallera.

Il percorso con l’indicazione delle località che s’incontrano

Nella complessa gestione delle acque, che caratterizzavano il bacino da cui prendeva avvio la “Roggia Scotti” il conte si accollò oltre alla realizzazione del manufatto per portare l’acqua a Oreno, l’obbligo della manutenzione dei diversi fontanile e fontane che alimentavano i differenti corsi d’acqua interessati. La fontana di Ossola era quella situata più a nord, collocata nella prossimità del molino Cattaneo convogliava le sue acque nel torrente oggi chiamato Lavandaia, una volta indicato come Fiume, Cavo Fiume o ancora Fiume di Missaglia.

Il corso d’acqua riceveva poco più avanti la roggia Nava, già citata con questo nome nel 1356 in un atto d’assegnazione di beni alla chiesa di Missaglia: “…prato con salici detto ad Navam”. Il nome Nava ritorna nell’identificare le tre fontane vicino a Bernaga, che ancora lo Scotti teneva pulite, scendendo c’era il “Fontanone”, oggi interrato e finalmente la “Fontana di mezzo”, recuperata e resa attiva ad opera del Parco del Curone qualche anno fa, raggiungibile dalla prima traversa a sinistra, 700 metri dopo il “Tricudai” andando verso Maresso.

La zona dove sgorga la “fontana di mezzo”
A sinistra, la testa del fontanile come si presenta oggi, a destra la stessa zona con il cippo, durante i lavori di ripristino

Ancora la presenza di un cippo impiantato nell’epoca in cui la roggia era attiva, attesta la proprietà dei Gallarati-Scotti. Cippo che nella ricognizione fatta in questi giorni, non è stato possibile rintracciare, forse coperto dalla fitta vegetazione, che ha avviluppato il fontanile, rendendolo di fatto quasi inaccessibile. La polla d’acqua s’incanala nel rigagnolo e 2-300 metri entra nel torrente Lavandaia, che poco più a sud del “Tricudai” mescolandosi con le acque della Molgoretta-Curone, diventa la Molgora di sopra (oggi indicata come Molgoretta) dirigendo a questo punto verso Imparì.

Mappa d’epoca con i vari corsi d’acqua e i loro tracciati

Al tempo del conte Scotti la roggia, scaturita dal fontanile descritto e aumentata da un secondo canale, uscito dalla Lavandaia, continuava autonoma la sua corsa andando a costeggiare la via che riporta al “Tricudai”, a questo punto intersecava il Curone, e quindi raggiungeva la Cappelletta di Lomagna, poco dopo svoltava a destra per mettere in funzione il “Mulino del Conte” (in questo caso Secco-Borella). Finito tale compito dirigeva verso la Molgora (oggi come detto, Molgoretta) dove una possente diga, la “Diga Scotti”, permetteva che le acque incanalate, attraversassero il fiume, andando a costituire un nuovo canale che parallelo alla Molgora, raggiungeva finalmente il molino d’Imparì. Esauriente su quanto esposto, la mappa storica proposta. Oggi possiamo ancora apprezzare l’edificio del “Mulino del Conte”, così come i resti della diga.

La zona del torrente Molgora, oggi Molgoretta, dove era collocata la diga Scotti (la cius)
Il mulino del Conte nel territorio di Lomagna

Questo luogo è noto alla gente del posto come la “cius” (appunto chiusa), ed era usata ancora negli anni Sessanta del Novecento dai ragazzi, come palestra di tuffi e nuoto. Ci piace ancora citare questa filastrocca, nota ai vecchi di Usmate, sulla qualità delle acque che stiamo raccontando, quando da ragazzi ne bevevano: “l’acqua corrente la beve il serpente, la beve Dio, la bevo anch’io” . Dopo Imparì il conte Scotti, oltre alla costruzione del canale, dovette acquisire i terreni su cui lo stesso scorreva.

Rara immagine d’epoca del mulino d’Imparì, fine Ottocento, si noti la distesa di tela sul prato, per la “sbianca” del tessuto

Il percorso più diretto verso Oreno doveva passare per Usmate, tanto che abbiamo un atto notarile di vendita di strisce di terreno da parte della famiglia Bescapè, insediata dove oggi sorge Villa Borgia. All’interno del parco è ancora presente un manufatto che serviva a scavalcare la roggia e permettere ai Bescapè di andare nella loro vigna nota come Baraggia. Il canale è ricordato ancora in paese, per la presenza dellacurt de la rogia, prossima al parco e lambita dal cavo. Sempre nei ricordi, prima che la roggia venisse “tombata”, un lavatoio vicino alla corte era utilizzato dalle donne del paese. La tombinatura che risale agli anni Sessanta, ha interessato la totalità del percorso in Usmate, quindi la via che proviene da Imparì, poi via Leonardo da Vinci che conduce al parco di Villa Borgia, per seguire con via Milano, sino a giungere al Bettolino.

Il ponticello, all’interno del parco di Villa Borgia a Usmate, sotto passava la Roggia Scotti
Il ponte detto del “tronino”, dove la roggia percorreva l’ultimo tratto prima del parco in “sopraelevata”

Il percorso piegava a questo punto nei terreni dove oggi sorgono i campi da golf, la roggia è qui riconoscibile per la disposizione degli alberi e di alcuni laghetti, che ne ricalcano il percorso. In questa zona il conte Scotti aveva acquistato terreni da Prospero Crivelli, nella prossimità del “Cazzullo”, oggi club house del golf. Sono ancora i filari di piante a restituire il percorso della roggia oltre il golf nell’avvicinare e superare la Sp 177, la “bananina di Usmate”, per poi interessare, sempre con la loro presenza, anche se non continua, l’area ex IBM, e giungere finalmente nella prossimità del parco della Villa Gallarati-Scotti, dove un tratto del cavo è ancora conservato e presenta il pregevole “ponte del Tronino”, sopraelevato sul piano della campagna che permetteva all’acqua di entrare nel parco attraverso una breccia, oggi murata.

Ultimo tratto della roggia, nel riquadro l’apertura oggi murata, che immetteva nel parco

Già molto prima degli interventi descritti, sulla copertura del corso d’acqua, che hanno di fatto decretato la scomparsa della “roggia Scotti”, era venuto meno l’apporto alla villa delle acque per i suoi “giochi”. Oltre al mutato sistema della gestione delle acque pubbliche, a cui anche i Gallarati-Scotti si erano adeguati, all’inizio degli anni Trenta del Novecento il laghetto nel parco, costruito nell’Ottocento, fu prosciugato a causa di una pericolosa falla, evento che di fatto svilì la funzione del corso d’acqua. Da quel momento il fabbisogno interno del parco fu mutuato da un pozzo scavato in loco.

Villa Gallarati Scotti di Oreno, a fianco la rappresentazione della stessa e del parco, in una stampa di Marc’Antonio dal Re, nel Settecento, prima delle radicali trasformazioni, occorse all’inizio dell’Ottocent

I tratti a nord della roggia rimasero ancora in uso ai comuni attraversati, con precarie convenzioni tra gli stessi e i Gallarati. L’ultimo utilizzo a cessare fu presso il lavatoio pubblico in località Lavandaio, nel comune di Lomagna nel 1964 “causa prosciugamento roggia Scotti per interrotto deflusso dell’acqua a monte…”.

Paolo Cazzaniga


Una riflessione sulla qualità dell’aria

Da alcune settimane i resoconti sulla qualità dell’aria nel nostro territorio danno costantemente un giudizio di “moderata qualità”. Tutto questo in una primavera senza pioggia, almeno fino a questi giorni.
Si tratta di una discontinuità rilevante rispetto ai dati del passato: da anni a questa parte, dalla bassa padana sino alla fascia pedemontana, si è sempre oscillati tra valori primaverili che qualificavano l’aria come scadente o pessima.

La Pianura Padana, per diversi motivi, è da tempo la zona d’Europa con i peggiori livelli di smog, con il maggior numero di decessi per problemi respiratori e con il maggior numero di patologie respiratorie (per limitarci ad un esempio, a Milano la media di bambini con problemi di asma è il 28%, contro una media nazionale del 13%).

Alcuni studi ipotizzano che la scarsa qualità dell’aria sia un altro dei motivi per cui la covid-19 qui ha avuto gioco più facile.

Sarebbe opportuno cogliere la triste occasione offerta dall’epidemia per avviare una riflessione e fare quello che la politica negli scorsi anni non ha avuto la volontà o la forza di fare: prendere seriamente in considerazione anche le altre emergenze con cui conviviamo (senza tutto il clamore che accompagna il virus). In primo luogo, la crisi ecologica.
Nei giorni di lockdown – con metà degli addetti comunque al lavoro – il solo ‘smart working‘ (pur senza infrastrutture tecnologiche ed organizzative adeguate) ha riguardato più di 2 milioni di italiani e sembra aver inciso significativamente, anche nel nostro territorio, sui volumi del traffico veicolare.

Molto si può fare, spronando la politica e limitando un sistema economico basato su interessi di corto raggio. Gli studi e report scientifici prodotti in questi giorni parlano di incentivare il lavoro agile, incrementare il numero di mezzi elettrici, favorire gli spostamenti a piedi e in bicicletta, il car sharing e l’uso di mezzi pubblici.

La scelta non può essere tra morire di fame o morire gasati dal biossido di azoto. Bisogna ripartire, sì, ma verso qualcosa di nuovo. Ci siamo mobilitati – politica, scienza, cittadini – per contenere l’emergenza “corona virus”, possiamo iniziare a ragionare e impegnarci allo stesso modo, ora, anche sulle altre, non meno gravi, problematiche da affrontare?

Associazione Colli Briantei


Nelle belle giornate di primavera

Nelle belle giornate di primavera, addentrandosi nei boschi del nostro parco, i Colli Briantei, percorrendo i sentieri e poi nei prati, capita di essere accolti da un benefico silenzio, qualche cinguettio lontano, un Picchio al lavoro e talvolta si viene avvolti da un’onda di profumo. È proprio allora che ci si accorge di essere circondati da un mondo meraviglioso… Succede che nel mettersi a cercarne l’origine, ci si avvicina ad arbusti, piante ed erbe fiorite.


Ci si accorge che quelle che sembravano solo erbacce tutte uguali, spesso portano fiori piccoli ma bellissimi e particolari. Talvolta al nostro sguardo si mostra una macchia uniforme verde-azzurra che caratterizza un prato da lontano è, in realtà, un effetto ottico dovuto alla sovrapposizione di tante sfumature diverse, che vale la pena di conoscere più da vicino.

Allora bisogna fermarsi, bearsi di tanta meraviglia. L’impatto con gli alberi è stupefacente. Querce, aceri, castagni, noccioli, ciliegi selvatici, abeti, gelsi e qualche verdissimo e leggiadro tasso che spicca per il suo colore intenso. Le Robinie, unitamente ai sambuchi, sono in fiore ed attirano i primi insetti che bottinano instancabili e frettolosi tutto quanto c’è a disposizione. In basso, in prossimità dei cespugli, ben esposto al sole, qualche piantina fiorita di acetosella, più lontano qualche ceppo isolato di primule gialle e di nontiscordardime! Nella radura, le margherite, in tutto il loro splendore, la fanno da padrone.

Tanti colori: bianco, giallo e qualche macchia di rosso. Sono i primi papaveri che spiccano tra i filari di grano o in prossimità di qualche crocicchio sassoso. Attirati da un fruscio silenzioso alziamo incuriositi il nostro sguardo. Alcuni scoiattoli si arrampicano sui tronchi e si lanciano da ramo in ramo.

La pandemia da Covid-19 ha rallentato e, in alcuni casi, fermato le abitudini e le attività dell’uomo ma non quelle della natura che, approfittando di questa situazione, quasi di nascosto si è riappropriata di qualche spazio prima negato.

Riprendiamo le nostre passeggiate osservando le regole di rispetto reciproco che la situazione attuale impone, non trascuriamo le nostre abitudini di naturalisti curiosi ed esploratori.

Bisogna solo saper aspettare diligentemente che le situazioni cambino. Buone passeggiate a tutti!

Gruppo Micologico Naturalistico Usmate Velate